Con questo articolo desideriamo parlare dell’adozione di un cane proveniente da canile e in particolare di un cane proveniente dal centro-sud Italia.
Iniziamo il discorso condividendo con voi l’e-mail di Marcello, nostro amico e socio da anni ormai, che ci aggiorna su come prosegue la sua vita insieme a Benny, adottata nel 2012 in canile.
Qui il testo della sua mail dove descrive l’inizio della sua vita insieme a Benny:
“La verità è che mai avrei pensato di inoltrarmi su un terreno del genere, che avrebbe stravolto il mio modo di vedere tante cose. Questo “terreno” si chiama Benny.
Quando si dice che la vita un po’ la guidi tu e un po’ ti guida lei, è esattamente così.
Ho incontrato Benny nel febbraio del 2012. È il mese del mio compleanno e il mio primo cane, Bello, era da poco venuto a mancare.
…
Ecco…Benny é una piccola randagia di Scicli (Punta Pisciotto per la precisione) salita al canile ENPA di Novara dopo essere stata sequestrata a seguito dei gravi fatti accaduti in Sicilia.
L’ho portata a casa insieme a Chiara, che mi ha aiutato a prenderla nel cortile del canile: di farsi prendere in braccio non ne voleva proprio sapere!
Cercavo a quell’epoca un cane non troppo grande e a pelo raso. E lei faceva proprio al caso mio: mi si è avvicinata, scodinzolando, ma sempre mantenendo un atteggiamento fiero, non certo da “giocherellona”. E mi guardava con quegli occhi scuri e vispi, che si confondevano col pelo. Era lei che volevo prendere con me.
…
Nel giro di 2 giorni mi sono reso conto che un cane può: non sapere come si fanno le scale, non sapere cos’è una macchina, avere il terrore ad uscire in strada, avere timore di non avere abbastanza da mangiare, essere aggressivo “non per attaccare ma per paura di essere attaccato”, avere delle preferenze ben precise (che non sempre si allineavano alle mie), sentirsi in dovere di difendermi, avere una concezione dello spazio, dei movimenti e degli ambienti che non pensavo un cane potesse avere, avere un’empatia fuori misura.
Insomma, una prova non facile per l’esperienza da cui arrivavo.
Ho imparato cosa vuol dire avere rispetto dei tempi di un animale, di come comunica (e con quale linguaggio sofisticato!), di quanto “siamo noi” a travisare i loro comportamenti, di quanto questi animali abbiamo un’opinione chiara delle persone e degli ambienti che li circondano, di quanto la loro presenza può essere vitale (nel vero senso del termine) in certi momenti.
Ma sono cose che si imparano solo se si vogliono imparare. Perché per imparare, qualunque cosa, ci vuole tempo, pazienza e desiderio di apprendere.
Cane killer. Così viene definito il mio cane su tanti siti e giornali. Basta provare a cercare. Il timore che potesse succedere qualche cosa di poco piacevole, almeno inizialmente, c’è sempre stato. Poi, pian piano, mi sono reso conto che siamo noi a decidere se vogliamo capire o meno come sono fatti gli animali e quanto possono farci crescere, sotto tantissimi punti di vista. E non solo cresciamo grazie a loro, ma anche grazie a tutte le persone con cui veniamo in contatto “attraverso” di loro, come Cristiana ed Elena…
Marcello&Benny”
Questa bellissima e-mail introduce molto bene il discorso sull’adozione di un cane proveniente dal centro-sud Italia. Infatti Marcello scrive le difficoltà iniziali riscontrate con Benny, cagna nata libera in un territorio ampio, ai margini della società umana. La diffidenza iniziale verso gli umani, il fatto di non conoscere cose che diamo per scontate quando adottiamo un cane (cucciolo o adulto che sia), essere toccato, accarezzato, portato al guinzaglio, vivere in città con rumori e odori non conosciuti, in un ambiente completamente opposto a quello dove è nata e cresciuta. Arrivando dalla Sicilia, Benny viveva in un clima diverso dal nostro del Nord. Viveva in un ambiente rurale, semi selvaggio, poco antropizzato dall’uomo e dove il nostro passaggio era sporadico.
Benny faceva parte di un gruppo, di un branco di cani nati liberi, ferali o selvatici. Fu strappata alla sua terra, alla sua famiglia, alle sue conoscenze e competenze per sopravvivere in quel territorio e letteralmente deportata nel freddo, umido e caotico Nord. Come Benny, del suo branco, pochi hanno avuto la possibilità di finire in una famiglia simpatica, attenta e consapevole del cane che avevano adottato.
La fortuna di Benny, e dei pochi altri del suo branco, è stata la loro plasticità mentale di adattamento, una punta di confidenza verso l’essere umano, la capacità di adattarsi a nuove abitudini, al nuovo ambiente e soprattutto ad avere a che fare con gli esseri umani.
Non tutti questi cani riescono ad adattarsi alla nuova situazione, al cambiamento, e passeranno purtroppo il resto della loro vita da reclusi in un canile. Alcuni potranno trovare famiglia solo con certe caratteristiche particolari, ad esempio una grande tenuta o cascina, dove il cane potrà vivere al sicuro ma senza avere troppo a che fare con noi umani. Ripetiamo: non tutti…
Quindi quando leggiamo gli appelli strappalacrime che troviamo sui social o andiamo in canile perché ci sono “cuccioli appena arrivati” (come fossero pagnotte appena sfornate!) dobbiamo porci la domanda: da dove arriva realmente quel cane? Che passato ha? I suoi genitori erano cani di famiglia o cani liberi (selvatici) sul territorio? Quanto tempo ho a disposizione per poterlo seguire in modo adeguato? Quali sono gli impegni ai quali non voglio rinunciare per il cane?
Bisogna sapere che se il nostro cucciolo è figlio di un cane ferale, nato e cresciuto lontano dall’essere umano, avrà maggiori difficoltà ad abituarsi alla nostra vita e al nostro ambiente. la diffidenza verso la società umana e tutto ciò che ne può derivare viene trasmesso geneticamente ai cuccioli, oltre all’insegnamento stesso dei genitori e degli altri membri del branco (imprinting)!
Vero, proprio come é successo a Benny, molto dipende dal carattere e dalla personalità del cane stesso. Molto dipende anche dall’età del cane e dalla struttura dove viene accolto.
I migliori canili/rifugi lavorano molto sul rendere adottabili e confidenti verso gli umani questi cani, costruendo un percorso dedicato, abituandoli pian piano alla nostra presenza, alla manipolazione, al guinzaglio e a tutto ciò che servirà a quel cane per trovare la famiglia giusta.
Ricordiamo però che i cani adottati dal canile, una volta a casa nostra cambieranno alcuni loro comportamenti. Cercheranno di instaurare con noi una relazione, un rapporto di affiliazione, un punto di riferimento, sicurezza. Cambiano nuovamente ambiente e abitudini. Potrebbero sentirsi vulnerabili e a disagio: in canile avevano una routine diversa da quella di casa nostra. I cani sono animali abitudinari, e cercano conferma in questo per sentirsi al sicuro.
Questi cani così particolari si doneranno totalmente a noi umani SOLO se noi sapremo rispettare i loro tempi, sostenendoli, accettandoli per quello che sono senza remore, senza cercare di cambiarli completamente per il nostro egoismo e le aspettative che potremmo avere da loro. Questi cani non ci devono amore perché noi li abbiamo salvati da una vita da selvatici, piena di pericoli per loro: questo lo pensiamo noi umani. Loro conoscevano una vita fatta in quel modo, e tanto gli bastava per vivere felici.